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Taiwan, il ritorno è alle porte?

A metà ottobre si è tenuto il Congresso del Popolo 2022, dove sono state discusse le politiche più rilevanti per la Cina odierna. Tra i diversi temi, sono stati sottolineati i molteplici traguardi raggiunti dalla Repubblica Popolare Cinese nel campo della lotta povertà, alla transizione ecologica e alla modernizzazione del paese. Ormai, la questione dell’isola di Taiwan è sempre più presente nei dibattiti odierni, soprattutto a seguito della visita di Nancy Pelosi ad inizio agosto.

Premessa

Chiaramente, la questione taiwanese è ancora spinosa. La terraferma considera l’isola di Formosa come parte integrante della Repubblica popolare e che tuttora sia governata da forze separatiste. È bene sottolineare che l’etnia prevalente sull’isola è quella Han, pari circa al 95% della popolazione. La lingua parlata su entrambe le sponde dello stretto di Taiwan è essenzialmente identica, con tendenze al dialetto cantonese dal punto di vista tonale. Inoltre, la cultura tradizionale è fortemente simile. Trattandosi tutto sommato, nonostante i trascorsi storici, dello stesso popolo, diviso solamente dalla politica.

Parentesi storica

Di vitale importanza è il trascorso storico tra le due entità. Quando si vuole parlare della questione di Taiwan bisogna sottolineare la storia travagliata per il controllo dell’isola. Tale storia è fortemente complicata, in breve: fin dall’antichità vi fu un insediamento partito dalla terraferma, inizialmente controllata dalla Dinastia Ming (XIV e XVII secolo), conquistata dagli spagnoli, passata agli olandesi, infine rivendicata dalla dinastia Qing. Più recentemente conquistata dai giapponesi dal 1895 al 1945, per poi autoproclamarsi Repubblica di Cina. La terraferma, seguendo il passato comune tra le due entità sembra ben giustificata nel reclamarne la sovranità.

La rivendicazione dell’intero suolo

Una delle parentesi più spinose è stato l’immediato dopoguerra, le Cina si è risvegliata considerabilmente danneggiata della, sebbene breve, brutale occupazione giapponese. Dopo la guerra civile cinese (1927-… -1949), che ha visto contrapporsi due modelli di sviluppo radicalmente opposti, combattuta delle forze di Mao Zedong e Chiang Kai-shek , entrambe le parti dello stretto hanno affrontato delle fasi radicali di trasformazione. La repubblica Popolare Cinese, chiudendosi su sé stessa, ha iniziato a dedicarsi al miglioramento delle condizioni socio-economiche del suo popolo, tramite un lungo processo di ammodernamento dello stato e dell’implementazione di sistemi più efficienti di coltivazione, raggiungendo oggigiorno un livello di industrializzazione tra i più alti al mondo. Mentre l’isola di Taiwan, e il suo governo, influenzati dalle politiche liberali dell’occidente, ha scelto la via dell’apertura del mercato aperto, sopraggiunta nella terraferma verso gli anni Novanta con Deng Xiaoping.

Con riguardo al riconoscimento del mondo ufficiale, come risultato della Seconda guerra mondiale, le Nazioni Unite iniziarono ad influenzare le decisioni globali e i loro sviluppi, di fatti, oltre agli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito, l’URSS (ora Russia), venne scelta la Repubblica Cinese come governo avente diritto di veto. Tuttavia, durante gli anni ’70 la maggior parte degli stati membri delle Nazioni Unite iniziarono a riconoscere il Governo della Repubblica Popolare cinese, come unico rappresentante della terraferma cinese, mentre in precedenza l’isola di Taiwan avanzava, e continua tuttora, ad avanzare tali pretese.  Il passaggio di riconoscimento venne siglato dalla risoluzione 2758.

Da allora il Kuomitang (partito nazionalista cinese) gettò le basi per un processo assai rapido di modernizzazione dell’industria sull’isola, concentrandosi principalmente sulla tecnologia avanzata (dispositivi periferici, computer e componenti all’avanguardia).

Il fattore economico

A partire dagli anni ’70, l’isola di Taiwan fu testimone di un processo di ammodernamento industriale senza precedenti, tale da fornirle l’appellativo di una delle quattro tigri asiatiche (assieme alla Corea del Sud, Singapore e Hong Kong). Col passare del tempo, in concomitanza con le nuove politiche economiche cinesi, l’isola di Formosa, come anche il mondo intero, iniziò ad interessarsi al mercato della terraferma, efficiente e a basso costo, dando inizio ad una interdipendenza che solo recentemente sembra evanescente. La combinazione tra l’alta specializzazione nel mercato dei microchip, essendo Taiwan ancora leader mondiale tuttora, e l’alta disponibilità della manodopera cinese ha permesso al mondo intero di svilupparsi seguendo un modello sempre più globalizzato.

La percezione identitaria

La percezione nell’isola è cambiata recentemente, infatti secondo l’università Nazionale di Chengchi, dagli anni ’90 il numero di individui che si identificano come taiwanesi è aumentato in modo considerabile. Nello specifico, nel 1992 il 17,6% degli intervistati si identificava come solo taiwanesi, 25,5% come cinesi, 46,4% come entrambi. Nell’ultimo sondaggio che risale a giugno 2021, 63,3% solo come taiwanesi, 2,6% come cinesi e 31,4% come entrambi.

Le ultime parole

Secondo l’ultimo discorso pronunciato durante il congresso del Popolo, “la Questione di Taiwan è un problema che riguarda i cinesi, continueremo a lottare per una riunificazione pacifica con la massima sincerità e il massimo impegno.

Ma non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza e ci riserveremo la possibilità di prendere tutte le misure necessarie.”

Conclusioni

Il passato travagliato tra le due sponde è comprensibile data l’ingerenza di nazioni straniere nelle questioni domestiche. Primi fra tutte le nazioni, gli Stati Uniti hanno mantenuto una posizione ambigua, riconoscendo il principio di una sola Cina, ma allo stesso tempo firmando accordi con l’isola di Taiwan nella sfera economica e militare. Questa ambiguità politica non potrà mai garantire un futuro vero e pacifico alle due sponde. Sebbene sia chiaro come entro il 2049, centenario della Repubblica Popolare cinese, sia d’interesse della terraferma di consolidare il controllo sull’isola, ora l’influenza da parte di separatisti filooccidentali e di una popolazione via via più distante renderà la riunificazione più ardua. Questo sarebbe il coronamento di una moltitudine di successi raggiunti dal PCC in questi ultimi pochi anni; tuttavia, si sa che non sarà di larga fattibilità. Una cosa è certa, l’ingerenza mediatica occidentale non aiuta la risoluzione di questo stallo, di fatti secondo il financial times, la riunificazione, pacifica che sia, potrebbe avvenire entro il 2024. Starà al futuro parlare.