“Prosperità comune”, è il nuovo slogan della politica economica cinese presentata da Xi Ji Ping il 17 agosto, al termine del ritiro estivo dei vertici del Partito nella località marittima di Beidaihe. Nel giro di poche settimane il termine è stato applicato già a numerose politiche ed è scaturito in donazioni a cause sociali da parte delle maggiori aziende del Paese.
Di cosa si tratta?
Ma di cosa si tratta? Nelle parole del Presidente, “la prosperità comune è un requisito essenziale del socialismo e una caratteristica importante della modernizzazione di tipo cinese”. La Repubblica popolare cinese è guidata da un partito comunista che persegue come principale obiettivo la redistribuzione della ricchezza. Il venir meno di un tale requisito potrebbe minare nel medio lungo periodo la legittimazione del PCC al potere e metterne in discussione la leadership.
Dal punto di vista economico?
Dal punto di vista economico, l’ipotesi è che si sia arrivati a un punto in cui il divario tra l’arricchimento di una parte e l’obiettivo egualitario finale si sia ampliato eccessivamente. Il numero di miliardari, secondo Forbes, sono passati dai 388 del 2020 ai 626 del 2021, trend in netto contrasto con la persistente povertà di molte aree del paese.
Nel contesto internazionale?
Inoltre, la prosperità comune va letta in continuità con la “strategia della doppia circolazione” presentata nel 2020. Quest’ultima propone di rinforzare la componente interna dell’economia (consumi e innovazione) riducendo la dipendenza dalle esportazioni e dagli investimenti. L’obiettivo e quello minimizzare i rischi derivanti dall’instabilità dei cicli economici internazionali e dall’incertezza di un contesto di politica estera sempre più ostile. La prosperità comune, dunque, rientrerebbe nella logica di una diversa allocazione delle risorse a sostegno dei consumi e, quindi, proprio della componente interna della doppia circolazione.
E nel concreto?
Il governo cinese persegue cambiamenti politici volti a:
- Generare una crescita del reddito delle famiglie e del reddito da lavoro.
- Aumentare l’accesso ai servizi pubblici, tra cui sanità e istruzione.
- Ridurre il costo della vita e quello dei servizi pubblici.
- Potenziare gli ammortizzatori sociali, attraverso l’espansione di pensioni e programmi generali di previdenza sociale.
- Migliorare il meccanismo di ridistribuzione della ricchezza attraverso la riforma fiscale e relative normative, ad esempio, una possibile riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sui consumi e dell’imposta fondiaria.
- Favorire lo sviluppo della “distribuzione terziaria”, ovvero la beneficenza aziendale e le donazioni.