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L’evoluzione della musica italiana: la nascita del Festival di Sanremo.

La “musica leggera” per come la conosciamo oggi deriva da altre tradizioni che affondano le loro radici in diversi generi musicali nati nel passato come il melodramma (teatro), il canto popolare (piazza) e le tracce intonate nei salotti (ambienti domestici borghesi).

L’italiano delle canzoni ha sempre attirato l’attenzione di linguisti, considerato “lingua per la musica” che non rispecchia completamente l’italiano parlato e i suoi usi quotidiani, ma viene ricostruito dagli autori in maniera “verosimile”. Le canzoni diventano quindi specchio della cultura, di sentimenti condivisi, dello stile e delle tendenze linguistiche di un’epoca, aiutando gli studiosi ad orientarsi all’interno di specifici intervalli temporali e a comprendere i fenomeni che hanno portato la lingua a evolversi fino ad arrivare all’Italiano standard moderno. Gli inni nazionali e i canti patriottici, per esempio, hanno fortemente contribuito alla diffusione di una lingua unitaria che superasse la realtà dialettale di ogni singola regione. Ricordiamo Goffredo Mameli e il compositore Michele Novaro per la nascita del “Canto degli Italiani”, ora noto come “Inno di Mameli” caratterizzato ancora da un italiano aulico.
Durante la guerra le canzoni abbassano il loro registro per lasciare spazio alla quotidianità e alla semplicità e si fanno carico di un malessere comune, esprimendosi su temi come la protesta e l’emigrazione.
Nel ventennio fascista, analogamente alle trasmissioni radiofoniche, i testi delle canzoni vengono controllati dal regime, tornando ad alzarsi di registro per ricordare i toni solenni della dialettica di Mussolini.

Se facciamo un passo indietro però, scopriamo la tradizione dialettale, più in specifico quella della canzone napoletana a fine Ottocento. A lungo questa fu considerata “la canzone degli italiani”, ascoltata e riprodotta nella penisola, i cui testi venivano stampati (le cosiddette copielle) e venduti ovunque si facesse musica (teatri, cabaret etc…). Hit come “Tu vuoi fa’ l’americano” di Renato Carosone ebbero un enorme successo anche all’estero e sono tutt’ora riconosciute come canzoni tipiche e identitarie della nazione.

Il modo di fare musica cambia radicalmente quando nasce la figura del cantautore, che agisce come una sorta di spartiacque tra la vecchia e la nuova canzone. Per la prima volta musicista, interprete e paroliere si fondono in un’unica personalità e i contenuti diventano più frivoli, frizzanti e narrati senza la ricerca di estrema enfasi. Concretamente possiamo citare Domenico Modugno e la canzone che debuttò nel 1958 al Festival di Sanremo e che è ancora famosa oggi: “Nel blu dipinto di blu” o anche “Volare”. Esempio di musica leggera che non era mai stata fatta prima: restano le rime baciate e i troncamenti (sintomi di un registro più classico), ma il testo si concretizza in frasi più sintetiche espresse in una nuova, e maggiormente aperta, gestualità sul palco scenico.

Domenico Modugno
Prima edizione del Festival di Sanremo

Ma come e quando nasce il Festival di Sanremo?
Abbiamo visto, anche se brevemente, come la musica italiana si è evoluta nel tempo. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta la canzone italiana entra in contatto e subisce l’influenza degli stili più in voga all’epoca: ricordiamo il jazz, il blues e il rock ‘n’ roll. Per dare il via alla nuova stagione della musica viene creato il Festival di Sanremo, incrementando il turismo nella stagione invernale, la più scarna, nel noto comune ligure.
La prima edizione si tenne nel Casinò di Sanremo il 29 gennaio del 1951 con l’orchestra di Cinico Angelini e il conduttore Nunzio Filogamo, ed è inutile dire che fu un successo. Il programma ottenne subito molti ascolti e uscì anche dai confini italiani. Nacque come trasmissione radiofonica e venne poi trasferita alla televisione. Fu proprio qui che alcuni degli artisti più celebri vennero alla luce, e tutt’oggi il Festival, che conta ben 72 edizioni, è considerato il programma più longevo della televisione italiana.
Con il passare degli anni il programma ha cercato di adattarsi ai tempi, senza rinunciare alla sua natura che lo rende più unico che raro. Gli artisti che vi partecipano sono sempre di più, come le canzoni in gara.

Dal 1950 la musica non ha mai smesso di essere l’espressione principale delle emozioni umane e sono persino nate delle “scuole”, o sarebbe meglio definirle correnti, in cui possiamo raggruppare svariati artisti in base al loro stile. Ricordiamo Fabrizio De Andrè della scuola genovese, Antonello Venditti della scuola romana, Enzo Jannacci della scuola milanese e Lucio Dalla della scuola bolognese. È nostro dovere citare anche Claudio Baglioni e Lucio Battisti, grandi cantautori degli anni Sessanta considerati della “seconda generazione”. Un artista che si differenziò molto invece fu Franco Battiato, che in contrasto con i suoi contemporanei propose testi più complessi e raffinati, allontanandosi dall’appiattimento linguistico e dai colloquialismi, inserendo elementi interessanti per l’impreziosire della lingua.

E infine arriviamo ai giorni nostri. Come le scuole di pensiero e la lingua, anche gli stili musicali seguono le tendenze e i gusti di un popolo in un determinato momento nella storia. Negli anni 2000 infatti siamo stati testimoni di nuovi generi che sono entrati a far parte della nostra quotidianità come l’hip-hop, il rap, la techno e adesso anche la trap. Qualsiasi cosa decidiamo di ascoltare, noi umani non potremo mai smettere di volere la musica, perché come disse Platone: “La musica è per l’anima quello che la ginnastica è per il corpo”.