Il 12 aprile 1961, a bordo della missione spaziale Vostok 1, il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin divenne il primo uomo a “mettere piede” nello spazio.
Da allora, l’umanità si è data da fare per spingere i confini di ciò che è noto sempre più in là, tra stelle, galassie e nebulose.
L’immutato interesse dell’uomo nei confronti degli sconfinati abissi siderali che ci circondano è testimoniato dalla copiosa produzione cinematografica, letteraria e televisiva avente ad oggetto il tema dello spazio e della fantascienza più in generale.
Uno degli esempi più di successo degli ultimi anni è il colossal americano del 2014 Interstellar, diretto da Christopher Nolan e interpretato da un cast stellare (è proprio il caso di dirlo!): Matthew McConaughey, Anne Hathaway e Micheal Cain.
La storia è ambientata in un futuro non troppo lontano, in cui la Terra è divenuta quasi inospitale e gli esseri umani rimasti progettano una fuga nello spazio come ultima soluzione rimasta.
Cooper, il protagonista della storia, si troverà, suo malgrado, a compiere un viaggio fantascientifico nello spazio-tempo, tra buchi neri, onde di marea gigantesche e wormhole.
Guardando il film viene da chiedersi: quanto c’è di vero (o, per meglio dire, realistico) in ciò che il film narra?
Cominciamo col dire che, nella stesura di Interstellar, sia gli sceneggiatori che il regista hanno beneficiato della consulenza di uno dei massimi esperti di astrofisica tuttora viventi: il premio Nobel Kip Thorne.
Questa è già di per sé garanzia che il lavoro è stato svolto con un discreto grado di correttezza anche con riferimento alle leggi fisiche e agli spettacolari effetti che ne derivano.
Iniziamo ad analizzare un elemento centrale per lo sviluppo della trama di Interstellar: i wormhole. Letteralmente “buchi di vermi”, i wormhole hanno il nome tecnico di ponti di Einstein-Rosen e sono delle vere e proprie “scorciatoie” tra punti diversi dell’universo che consentirebbero, secondo la teoria, di viaggiare a grandi distanze nello spazio senza dover raggiungere velocità superiori a quella della luce (teoricamente irraggiungibili).
Benché il film ce ne mostri uno, di fatto un ponte di Eintein-Rosen non è mai stato osservato nella realtà e, si sospetta, occorrerebbe una certa sostanza, detta materia esotica o energia negativa, per stabilizzarlo e renderlo possibile.
Di fatto però le teorie della fisica contemplano questa sorta di “passaggio segreto” tra le galassie.
Risultato: accurato.
Uno degli elementi che chi ha visto il film di certo non dimenticherà è il cosiddetto tesseratto. Questo ipotetico costrutto che appare sul finire della storia, altro non è se non uno spazio a quattro dimensioni, una in più rispetto a quello in cui ci muoviamo ogni giorno. La presenza fisica di una quarta dimensione, il tempo, fa sì che il protagonista della storia (interpretato da Matthew McConaughey) riesca a comunicare con il sé stesso del passato, trasferendogli le informazioni necessarie alla salvezza dell’umanità.
Il tesseratto è raggiunto, all’interno della storia, attraversando un buco nero. Ciò fa sì che noi, con le nostre limitate conoscenze scientifiche, non possiamo assicurare la veridicità scientifica della sua presenza nella trama. Tuttavia, la comunità scientifica si è a lungo interrogata sulla effettiva plausibilità di uno spazio a quattro dimensioni e, per adesso, tutto è ancora da decidere.
Risultato: potenzialmente plausibile.
Passiamo infine a una delle scene iconiche del film, quella in cui il protagonista e la sua squadra si trovano a svolgere un sopralluogo su un pianeta interamente coperto da oceani. Qui, a causa della vicinanza con un buco nero, il tempo risulta dilatato cosicché, nelle poche ore in cui alcuni membri dell’equipaggio sono in missione sulla superficie acquosa del pianeta, il loro compagno rimasto sull’astronave risulta invecchiato di ben 23 anni!
Il motivo è molto semplice: l’immensa forza gravitazionale esercitata da un buco nero è in grado di deformare non solo lo spazio intorno ai protagonisti del film ma anche il tempo, causandone una distorsione.
La stessa abnorme massa del buco nero, che causa un’attrazione gravitazionale enormemente intensa, è responsabile delle onde di marea simili a montagne che attraversano gli oceani del pianeta, in maniera similare ma enormemente amplificata rispetto all’effetto della Luna sulla Terra
Risultato: ACCURATO.
In conclusione, Interstellar, pur essendo comunque un prodotto di intrattenimento che si prende varie libertà in relazione alla accuratezza scientifica, risponde comunque a delle logiche ben precise e plausibili che lo rendono un film sicuramente interessante e ricco di spunti per chi ha voglia di imparare di più su questo argomento.