
Dopo l’uscita ufficiale dell’Italia dalla Belt and Road Initiative (BRI) nel 2023, molti si aspettavano un raffreddamento delle relazioni economiche tra Roma e Pechino. In realtà, il 2025 sta segnando l’inizio di una fase nuova e più pragmatica, basata su interessi reciproci, commercio bilanciato e attenzione alla sicurezza strategica.
Fine della Via della Seta, ma non dei rapporti
L’Italia è stata l’unico Paese del G7 ad aderire alla BRI nel 2019, ma anche il primo a tirarsi indietro. La motivazione principale? Un bilancio poco convincente: più importazioni cinesi che benefici per le esportazioni italiane. Tuttavia, l’uscita non ha significato una rottura. Al contrario, i due Paesi hanno scelto di rafforzare i rapporti bilaterali in forma meno vincolante e più flessibile.
Commercio: meno politica, più business
I dati del 2024 e dell’inizio 2025 mostrano che:
- Le esportazioni italiane verso la Cina sono in aumento, in particolare nei settori agroalimentare, moda/lusso e automazione industriale.
- La Cina continua a essere uno dei principali fornitori di componenti elettronici, tecnologia verde e beni di largo consumo per l’Italia.
Il messaggio è chiaro: gli affari continuano, anche senza il simbolismo della BRI.
Nuove regole del gioco: tecnologia e sicurezza
L’Italia, in linea con l’Unione Europea, sta seguendo una strategia che potremmo definire di “decoupling selettivo”: la cooperazione economica viene mantenuta, ma con forti limiti nei settori considerati critici come:
- 5G e telecomunicazioni
- Intelligenza artificiale e semiconduttori
- Infrastrutture strategiche
Le autorità italiane stanno infatti rafforzando il meccanismo del golden power, che consente al governo di bloccare o condizionare acquisizioni straniere in ambiti sensibili.
Porti e logistica: cooperazione sotto osservazione
Gli investimenti cinesi in porti come Genova e Trieste restano attivi, ma sotto stretta sorveglianza politica. Il controllo delle vie logistiche del Mediterraneo è un nodo geopolitico sempre più importante. L’Italia cerca quindi un equilibrio: beneficiare degli investimenti cinesi senza perdere autonomia strategica.
Transizione green: un terreno comune
Un’area dove la collaborazione resta forte è la transizione ecologica:
- Le imprese italiane importano pannelli solari e batterie cinesi a basso costo.
- Allo stesso tempo, start-up italiane stanno attirando capitali cinesi per progetti legati all’economia circolare, al riciclo avanzato e alle energie rinnovabili.
Nel 2025, i rapporti economici tra Italia e Cina sono meno ideologici, più concreti. L’Italia non vuole più essere “la porta d’ingresso della Cina in Europa”, ma piuttosto un partner strategico selettivo, attento a bilanciare crescita, sicurezza e valori europei.