Mentre il 5G muove i primi, timidi passi, si inizia già a progettare il 6G. In Asia stanno già iniziando a pensare a un possibile passo in avanti nelle telecomunicazioni tant’è che il ministro degli Interni e delle comunicazioni giapponese Sanae Takaichi ha dichiarato che la rete 6G potrebbe diventare una realtà già dal 2030. Dalla prossima estate Tokyo avvierà il programma di ricerca.
E anche altre nazioni stanno già lavorando alla nuova generazione di reti mobili. La Cina ha già istituito due gruppi di lavoro per supervisionare la ricerca. Il primo gruppo è composto dai dirigenti dei ministeri del settore e sarà responsabile del supporto del secondo gruppo che, composto da 37 esperti provenienti da università, istituti di ricerca e società tecnologiche, avrà il compito di progettare il piano d’azione per la creazione delle reti 6G.
Sulle valutazioni raccolte dai tecnici, il 6G potrebbe raggiungere velocità nell’ordine di 1 TeraByte (Tb) al secondo, ovvero circa 8mila volte più veloce del 5G. Il dato è ovviamente teorico al moment
Per aver meglio un’idea di cosa significhi questa velocità basta pensare che una trasmissione di Netflix alla massima definizione richiede un consumo dati pari a 6,75 Gigabyte all’ora. Con la connessione 6G un utente sarebbe in grado di scaricare 142 ore di contenuti Hd in un secondo.
Secondo Mahyar Shirvanimoghaddam, professore dell’università di Sydney, la connessione 6G potrebbe aprire nuovi orizzonti e «offrire nuove prospettive in termini di interfacce cervello-computer» e di conseguenza consentire di «utilizzare i dispositivi attraverso il nostro cervello».
L’Europa non vuole perdere terreno sul fronte della sperimentazione ed è per questo che ha avviato il 1/o gennaio 2021 il programma Hexa-X finanziato con 12 milioni di euro: coinvolge 25 partner continentali tra cui Ericsson, Nokia, Intel e le università di Pisa Dortmund e Madrid a cui si aggiunge il Politecnico di Torino. Hexa-X fa parte di Horizon 2020 con il quale l’Unione Europea ha stanziato 80 miliardi di euro di investimenti in sette anni.
In due anni e mezzo l’iniziativa permetterà di sviluppare vari casi d’uso concreti in cui il 6G potrà fare la differenza. Molto dipenderà da quanto il 5G si sarà consolidato presso i principali paesi al mondo visto che su tale base infrastrutturale poggerà la prossima generazione del network per la sostituzione o l’aggiornamento delle antenne. Le applicazioni a cui si guarda sono varie: dalla guida autonoma all’Internet of Things, dall’Industria 4.0 alla salute e benessere e all’intrattenimento. Tutti scenari già abilitati dal 5G ma che, una volta entrati a far parte della quotidianità, richiederanno una rete più ampia capace di eliminare quei colli di bottiglia a cui si potrebbe andar incontro quando anche il protocollo attuale sarà in uso a pieno regime.
Secondo gli analisti il 6G darà vita alla cosiddetta “Tera Economy” un’era in cui il concetto di gigabit verrà sostituito da quello di terabit (un Tera è pari a mille Giga). Il motivo è che la quantità di informazioni scambiate per mole e peso si conterà su parametri più alti così da abbandonare metriche precedenti. «Un semplice ologramma 3D a grandezza naturale di tutto il corpo, richiederà una larghezza di banda in Tbps per essere correttamente visualizzato, sottolineano gli analisti, con tecniche di compressione avanzate, architettura 6G e capacità radio correlate dovremmo mirare a trasmettere questo ologramma ad alta risoluzione su un collegamento mobile. Ciò estenderà la realtà oltre lo spazio e trasformerà il modo in cui comunichiamo tra noi». E già nel 2028 qualche operatore è già pronto al lancio del 6G, con circa due anni di anticipo rispetto alla partenza stimata dall’Ue.